SCHEDE DI STORIA #4
Porti e barcheggi presenti sul territorio molinellese (800 d.C. – 1461 circa)
Testi di Giorgio Golinelli
Cura redazionale di Michele Simone
L’attuale territorio molinellese si è formato, nel corso dei secoli e millenni, con i sedimenti portati a valle dal fiume Po di Primaro, ma soprattutto dai torrenti appenninici (Idice, Quaderna, Centonara, Savena, ecc.) che andavano a sparigliare nelle Valli di Marmorta, Marrara, Dugliolo, San Martino in Argine, Durazzo, Barabana, Fiorentina e Buda, dando origine a vari dossi (terre emerse) sui quali sorsero, in seguito, dopo l’800 d.C. circa, i primi villaggi di pescatori. Il paesaggio in questa nostra parte della Padusa era dominato dalle paludi e dai boschi e le poche strade correvano sulle rive destra e sinistra dei fiumi e torrenti dove erano presenti arginetti formatisi anch’essi grazie ai sedimenti anzidetti.
Già allora, come oggi del resto, tutte le acque dei torrenti appenninici e, in piccola parte, quelle del Po di Primaro (quando tracimava) confluivano nella parte più bassa della Padusa, oggi “bassa bolognese”, una sorta di grande “catino” stagnante dove ci si muoveva sempre con piccole e medie imbarcazioni, mentre era difficile, se non impossibile, transitare su strada in certi periodi dell’anno, con carri e carrette, in caso di copiose piogge ed esondazioni. Gran parte degli spostamenti per ragioni di lavoro, commercio e sopravvivenza si svolgevano dunque con la barca e in ogni villaggio c’era un porto o un modesto porticciolo.
Tra l’800 d.C. e il 1461 circa il più importante porto valligiano o fluviale del territorio oggi molinellese era certamente quello di Cavalli o Cavagli, nella parte sud delle Valli di Marmorta. Poi c’erano i piccoli porticcioli di Podij (o Corte de Poggio o Vicum Canali, futura Molinella), di Riolum o Riolo, che si trovava alla confluenza tra il canale “Riolo Vecchio”(anche detto “Fossadella”) e il canale del “Fondo”, famoso per i traffici di legname diretti principalmente nel ferrarese, il porticciolo di Duratium (Durazzo) lungo il corso d’acqua detto “Averdosolo”, il porticciolo di Baratinum (Barattino), del “Menazzo” (presso l’attuale Miravalle dove iniziava la strada del “Tagliamenazzo”, e quello di Sancti Martini (San Martino) lungo l’Argele o Argelle, un ramo dell’Idice che si staccava nei pressi di Vedrana per andare a sparigliare nelle Valli di Barattino.
Viene pure segnalato il porticciolo della Gaiana a poca distanza dall’attuale Selva Malvezzi (il cui villaggio doveva ancora nascere) e probabilmente quello di Caput Fluminis, sull’Idice, nei pressi dell’attuale San Pietro Capofiume, dove nel 1200 circa era presente un torrione di confine. E se c’era un torrione non poteva mancare un porticciolo. Un piccolo porticciolo di pescatori era pure segnalato nel 1324 nel minuscolo villaggio di Marmorta che sorgeva su un isolotto a brevissima distanza dalla Bastia Farinara (attuale Ponte della Cavaliera) costruita pochi anni prima dagli argentani, dove lungo il “Fondo del Bonello” sorgeva un Porto del Pesce. Infine c’era anche l’Albero della Crocetta, sul Canale Crocetta, dove si poteva sostare con le barche e fare il carico e scarico delle merci.
Diversi erano anche i barcheggi. Servivano per trasportare persone e cose da una riva all’altra dei fiumi e canali laddove mancavano i ponti di legno o, se c’ erano, venivano puntualmente travolti e spazzati via dalle piene. Barcheggi del genere si trovavano anche sul Quaderna, sull’Idice (all’altezza dell’attuale Ponte di San Martino, dell’attuale Guarda e al “Cinzalino” o Zenzalino (attuale incrocio ex zuccherificio). Ma il barcheggio più importante era quello presente in Molinella “ferrarese” (posto all’incirca all’inizio dell’attuale Via Marconi, lungo il “Canalazzo “) che nel 1461 fu affidato in gestione, dagli argentani, a Domenico “Giavaro” Zavaglia, assieme ad una hosteria, con l’obbligo, da parte di quest’ultimo, di trasportare con barche persone, merci e animali sino al Porto di Traghetto.
E poi c’erano i passi natanti sul Po di Primaro a Traghetto e al Morgone. Con la barca ci si poteva dunque spostare in qualsiasi parte, cosa non sempre possibile con carri e carretti. Il corso d’acqua più trafficato dai nostri barcaioli era il “Canale della Navigazione” che collegava Cavalli con Podij (futura Molinella) per poi proseguire da una parte verso Caput Selicis (Conselice) e la Romagna, dall’altra verso Bologna e Ferrara.
Altri porti si trovavano, sul Primaro, ad Argenta (il più importante in assoluto), a Villa Mana (attuale Santa Maria Codifiume, detto “Porto delle Canne”), Traghetto, Consandolo, Ospital Monacale e Marrara, e nelle valli circostanti: Dugliolo, Buda e Conselice, in particolare. Tutti questi porti del bolognese, del ferrarese e della vicina Romagna erano collegati tra loro attraverso un reticolo di corsi d’acqua e valli. E le torri di Cavalli e Podij (Molinella) in mezzo a quel labirinto di acquitrini, canneti e boschi, rappresentavano dei veri e propri punti di riferimento, al pari dei fari, per i barcaioli meno esperti.
La lunga epopea dei porti e dei barcheggi durò, in alcuni casi, secoli, in altri ebbero vita più breve. Poi a causa dell’impoverimento delle acque e anche della scarsa manutenzione e dell’interrimento dei corsi d’acqua sopraggiunsero difficoltà per la navigazione fluviale. Agli inizi del 1300 alcuni porti, come quelli di Riolo, Durazzo, Barattino e San Martino in Argine, non erano quasi più navigabili soprattutto durante i mesi più caldi e siccitosi. Agli inizi del 1500 anche i porti di Molinella e Cavalli, per le stesse ragioni, avevano cessato la loro attività. Restavano in funzione solo quelli sul Po di Primaro, ma solo per barche e bucintori di piccola e media portata. Iniziava così una nuova epoca più impostata sull’agricoltura che sulla pesca in valle e i commerci, anche se permanevano ancora vaste distese di acque stagnanti.
Tra i prodotti che transitavano in barca soprattutto nei porti di Cavalli e Molinella, quindi soggetti a dazi e gabelle, c’erano il prezioso sale (proveniente da Comacchio e da Cervia), il pesce di valle, il grano (proveniente dal ferrarese), la farina, il vino (proveniente dalla Romagna), derrate alimentari varie, legname, vasellame e quant’altro. La maggior parte delle imbarcazioni in transito erano costituite da tartane, rascone (a fondo piatto), burci, barche a vela latina, barche da pesca, sandali e anche zattere.
Le Valli di Marmorta erano anche un covo di contrabbandieri e predoni che a volte si impossessavano dei carichi di merci costuditi nelle imbarcazioni. E ben poco potevano fare le guardie (“Saltari”) e le milizie che presidiavano porti e castelli della zona in quel quasi impenetrabile labirinto di passaggi e nascondigli tra le valli e i boschi. Aggiungiamo infine che per il controllo delle vie di comunicazioni fluviali (Po di Primaro, in particolare), dei porti principali e dei dazi e delle merci più preziose (come il sale) si svolsero, in questo periodo preso in considerazione, guerre e guerriglie sanguinose tra estensi, bolognesi, ravegnani e veneziani che interessarono anche il territorio oggi molinellese.
Porti e porticcioli presenti sul nostro territorio tra l’800 d.C. e il 1461 in una ricostruzione del paesaggio sulla base delle informazioni disponibili
Porto di Podij (futura Molinella)
Pescatori valligiani
Porto e Corte di Cavalli in una ricostruzione del territorio sulla base delle informazioni disponibili