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Il paesaggio e le acque di Molinella nel 1450

SCHEDE DI STORIA #11

Il paesaggio e le acque di Molinella nel 1450

Testi di Giorgio Golinelli
Cura redazionale di Michele Simone

 

 

Mettendo insieme tutte le informazioni disponibili è stato possibile ricostruire, con buona approssimazione, il paesaggio di Molinella e dintorni e il circuito delle acque che la circondavano e/o l’attraversavano nell’anno 1450 circa, ovvero 573 anni fa.

 

Molinella (o Molinellae, Molinellam o Mulinelle, come veniva chiamata allora) assomigliava ad una piccola Comacchio e non certo a comunità bolognesi limitrofe come Budrio, Medicina, ecc. La Torre di Santo Stefano con l’annessa casa del dazio e guarnigione di soldati, sorgeva su un isolotto circondato dalle acque dei canali Zavaglia, Crocetta e Canalazzo; canali questi  che  fungevano da fossati. Ed era collegata con il porto fluviale attraverso un ponte levatoio azionato da argani. L’area portuale sorgeva pure essa su un’isola bagnata dalle acque del Canalazzo, del Canale della Crocetta e dello scolo Zavaglia e da un altro canale di nome sconosciuto che scorreva lungo l’attuale Via Calzolari, che traeva le proprie acque, così come anche lo scolo Zavaglia,  dalla “palude o lago delle Mandrie” che sorgeva a un chilometro circa a nord-ovest del villaggio. Ed era pure un’isola anche Molinella ferrarese o argentana essendo delimitata a nord e a est dallo Scolo Bonello e dal “Valgiduro” (o Valziduro) e a sud dal Canale del Fondo. Pure la vicina Marmorta (Villam Marmortae) era un’ isola soprattutto durante i periodi delle piogge, che poi diventava una penisola nei mesi più siccitosi. Un’isola era anche la contea di Durazzo completamente circondata dalle acque dell’Oriolo e del Centonara. Per non parlare di Cavalli, altra isola distante 4 miglia da Molinella collegata alla terraferma da ponti di legno. E pure isole erano la Bastia Farinara e Riolo.

 

Non erano invece isole San Martino in Argine, Barattino e Selva (in via di formazione) ma erano ugualmente circondate in larga parte da torrenti appenninici, valli e paludi. San Pietro Capofiume ancora non esisteva come villaggio ma era presente solo un isolato torrione accanto all’Idice costruito dai bolognesi per sorvegliare il confine ferrarese. Gli unici ponti di legno di una certa importanza  che consentivano una viabilità terrestre erano collocati lungo la strada che da San Martino in Argine conduceva a Durazzo e a Cavalli, lungo la strada del Zenzalino che da Traghetto conduceva a Budrio passando per Molinella, Barattino e San Martino in Argine e lungo Via Vescovo. Altri, poco più che delle pedagne o passerelle, sorgevano lungo altri corsi d’acqua, ma sia i ponti in legno che le pedagne venivano spesso travolti dalle piene dei fiumi e dei canali e bisognava quindi ricostruirli. Quindi gran parte degli spostamenti per ragioni di lavoro o bisogno da un villaggio all’altro si svolgevano con barche di piccola e media stazza. La viabilità terrestre si interrompeva spessissimo in presenza di copiose piogge ed esondazioni dei corsi d’acqua che rendevano fangose ed impercorribili le strade.

 

Un paesaggio quindi dominato dalle acque dove ci si poteva muovere sempre, tutto l’anno, solo con imbarcazioni in qualsiasi direzione: sino a Ferrara, al Veneto e alla Lombardia, attraverso il Po di Primaro e il Po grande, sino ad Argenta e al Mar Adriatico sempre navigando sul Primaro; sino a Conselice e altri centri della Romagna attraverso il Canale del Fondo e le valli; sino a Mezzolara, Riccardina e Budrio e quasi a San Lazzaro attraverso l’Idice; e sino al Canale Navile navigando verso Dugliolo e le valli per poi approdare al porto di Bologna. Chi possedeva una barca poteva muoversi in tutte le direzioni. Pure a cavallo si poteva andare quasi ovunque. Ma chi si muoveva con carri e carretti trainati da quadrupedi aveva possibilità di spostamento più limitate. Come a Comacchio, nella stessa epoca.

 

L’economia non poteva quindi che reggersi sulla pesca e sui commerci fluviali. Pochissime erano le terre bonificate e coltivabili, anch’esse quasi tutte circondate dalle acque e quindi minacciate dalle ricorrenti alluvioni. E a causa di questo paesaggio fortemente segnato e condizionato dalle acque e quindi scarsamente favorevole all’antropizzazione, Molinella, così come gli altri villaggi oggi molinellesi, non poteva svilupparsi più di tanto, come invece le più altolocate e più sicure Budrio e Medicina. Non a caso nelle poche chiese presenti e nei più numerosi oratori, spesso i preti e i fedeli levavano invocazioni o promuovevano processioni confidando nella misericordia divina contro la minaccia distruttiva delle acque che nella loro furia atterravano le modeste casupole di legno e canne dei pescatori e dei contadini e rovinava i raccolti agricoli generando carestie e la fame. Un paesaggio che sarà radicalmente modificato grazie alle bonifiche del ‘700, ‘800 e primo ‘900 delle quali abbiamo riferito in precedenti Schede di Storia.

 

Di quel paesaggio caratterizzato dalle acque, dalle paludi e dalle boscaglie sono rimasti importantissimi toponimi e idronimi: MOLINELLA, che si rifà alle varie “Mulinèle”(mulini natanti) allora presenti lungo i principali corsi d’ acqua; MARMORTA (“Maremortuum”) che non ha bisogno di spiegazioni  etimologiche; SELVA (un tempo caratterizzata dalle boscaglie); SAN PIETRO CAPOFIUME (“Caput Fluminis”) in quanto punto terminale dell’Idice; SAN MARTINO IN ARGINE  perché attraversata da un corso d’acqua che scorreva lungo la strada del Zenzalino, detto “Argele”, o “Argelle”, e forse anche da un modesto arginetto che conduceva sino a Cavalli; GUARDA (dove era presente una “casa di guardia” accanto all’Idice; ALBERINO (dove era presente una grossa robinia alla quale si legavano le barche); ALBERO DELLA CROCETTA (idem); PASSO MORGONE con il suo antichissimo Passo Natante; PASSO DELLE CANNE (altro passo natante sul Cavo Benedettino/Reno); PASSO DEL GIOVAGNONE sull’Idice (a sud di San Pietro Capofiume); PEDAGNA DELLA PONTICA (“Pòndga”), sempre sull’Idice tra l’attuale Ponte della Spadone e Marmorta; PEDAGNA SPADA  sull’Idice (tra San Pietro Capofiuime e la tenuta dei Principi Spada) ecc.

 

Per non parlare dei corsi d’acqua (“Canalazzo”, “Oriolo”, Rio Durazzo ecc.), dei boschi (del “Vescovo” in via Vescovo, della “Motta del Fundo” presso Cavalli, di “Mezzavalle” tra Molinella e Traghetto, Boscosa tra Selva e Durazzo e altri ancora); delle strade (via Canale, Via Centonara, Via Canale della Botte, Via Riviera Argentana al “Malborghetto”, via Fiume Vecchio, Via Idice Abbandonato, Via Oriolo, Via dei Fossetti a sud di Marmorta, Via Rotta del Giardino a San Martino in Argine e altre ancora). Innumerevoli le valli e le paludi, oltre a quelle già citate: “Valle Farinaria”, del “Morgone”, “Durazzo”, “Corla” e “Aversa”  (a San Martino in Argine), “Dugliolo” (che arrivava sino ai Casoni Fumanti/San Pietro Capofiume), “Barattino”, “Oriolo”, “Marescalchi”(a sud di Marmorta), palude o lago delle Mandrie (a nord-est di Molinella) e non andiamo oltre. Sorvoliamo anche sulla rete idrografica che evidenziava almeno una trentina di nomi tra fiumi, torrenti, canali e scoli.

 

Molti di questi toponimi e idronimi sono successivi al 1450 ma li abbiamo voluti citare ugualmente per dimostrare quali fossero le caratteristiche del nostro paesaggio e delle acque che lo circondavano, sicuramente unico del contado bolognese.

 


Il paesaggio e le acque nel 1450 circa

 


Molinella nel 1480-1490 circa, in una ricostruzione sulla base delle informazioni disponibili

 


Molinella in un disegno di Ignazio Danti del 1570 che abbiamo volutamente adattare al 1450 circa inserendo nel paesaggio il circuito delle acque

 


Cartina del 1682 dell’area che ci riguarda

 


Cartina del 1645 dell’area che ci riguarda

 


Cartina del 1603 dell’area che ci riguarda