SCHEDE DI STORIA #9
Le opere idrauliche molinellesi realizzate nel ’700 con le Bonifiche Benedettine
Testi di Giorgio Golinelli
Cura redazionale di Michele Simone
Oltre un millennio fa solcavano l’attuale nostro paludoso territorio comunale vari corsi d’acqua tra i quali il Po di Primaro, l’Idice, il Centonara, il Quaderna, il Gaiana, l’Oriolo, l’Argele (o Argelle), il Bonello( che con il Fondo del Bonello formava il tratto principale del “Canale della Navigazione”), il Canalazzo, il Valgiduro, il canale della Crocetta, il Vena, l’Averdosolo, il Canale di Marmorta (che collegava Cavagli ad Argenta), il Vidoso, il cavo Zenzalino, il Negale, la Corla e altri ancora, quasi tutti navigabili, che nei secoli subirono deviazioni e/o progressivi interrimenti fino a scomparire o, in alcuni casi, sino ad essere ridotti a fossati o rigagnoli ancora presenti nelle nostre campagne. E questa rete fluviale si mantenne, più o meno, e con le variazioni intervenute, per secoli, a parte la deviazione dell’Idice nelle Valli di Marmorta decisa dagli estensi e realizzata verso la fine del 1585 circa. Poi arrivarono, nella prima parte del ‘700, le Bonifiche “Benedettine” che portarono a significativi cambiamenti della secolare rete idrica e del paesaggio e ai primi risultati, sia pure tra luci ed ombre, circa la messa in sicurezza del nostro territorio dalle frequenti rotte, tracimazioni e inondazioni causate dai corsi d’acqua. Ed è delle Bonifiche Benedettine che intendiamo riferire in questa scheda anche se in modo estremamente sintetico per esclusive ragioni di spazio.
PREMESSA
Innanzitutto premettiamo che il disordine idraulico del nostro territorio traeva in buona parte origine nel lontano 1152 quando, a seguito della disastrosa rotta del Po, a Ficarolo, le acque del grande fiume padano incominciarono a scorrere verso l’attuale delta di Porto Tolle e il Primaro, privato in parte di queste acque, incominciò progressivamente ad interrirsi anche a causa delle torbide dei torrenti appenninici che vi confluivano. Se poi consideriamo che il territorio molinellese era allora (così come lo è ancora oggi) il più basso sul livello del mare dell’intero contado bolognese, tutte le acque dei torrenti appenninici (Idice, Savena, Centonara, Quaderna, Gaiana, Santerno, Sillaro ecc.) finivano per scaricare inevitabilmente nelle Valli di Marmorta, Argenta, Marrara, Dugliolo, Buda ecc.) creando il cosiddetto “effetto catino”. Per questa ragione, per secoli, Molinella e altre comunità della “bassa” bolognese furono circondate da una immensa palude (Padusa) navigabile, in alcuni punti, sino al Mare Adriatico. A ciò occorre aggiungere che tra le tre potenze confinanti (Bologna, Ferrara e Ravenna, spesso in lotta tra loro), vi erano forti disaccordi non solo sugli incerti confini ma anche sugli interventi da approntare insieme per mettere al riparo le comunità continuamente colpite o minacciate dagli eventi alluvionali. E anche per questo nulla di concreto o di importante fu fatto per bonificare l’area che ci riguarda. Il disordine idraulico continuò quindi sino alla prima parte del ‘700 quando Papa Benedetto XIV (Prospero Lambertini, bolognese), Capo dello Stato Pontificio (del quale facevano parte anche Bologna, Ferrara e Ravenna) decise di intervenire per porvi rimedio ingaggiando uno stuolo di agrimensori, ingegneri idraulici e matematici con il compito di predisporre un grandioso progetto di bonifica.
Cartina del territorio nel ‘700, prima dell’inizio della Bonifica Benedettina. Come si può constatare, l’Idice scorre ancora nelle Valli di Marmorta, così come altri torrenti appenninici. Tra Molinella e Traghetto scorre invece il Canale Zenzalino che conduce le acque delle Valli di Marrara in quelle di Marmorta. La linea tratteggiata indica il confine tra il bolognese e il ferrarese.
Papa Benedetto XIV Molinella nel ‘700.
1745-1751. IL TRATTO INIZIALE DEL CAVO BENEDETTINO
Il progetto fu messo a punto nel 1742 e prevedeva la realizzazione di un nuovo canale artificiale o cavo (il “Benedettino”, appunto, dal nome del pontefice), che partendo dal bosco della Panfilia (a S. Agostino di Ferrara) , si sviluppava per una trentina di chilometri per poi confluire nel vecchio letto del Po di Primaro tra Traghetto e il Morgone: una grande opera idraulica che andrà a modificare, a lavori ultimati, la morfologia dell’intera area dividendo definitivamente, con le sue acque e le sue arginature, San Pietro Capofiume da Santa Maria Codifiume, Molinella da Traghetto e Passo Morgone da Marmorta, e che vedrà cambiare il corso di alcuni torrenti e canali e portare per la prima volta le acque del Reno direttamente nel Mare Adriatico (attraverso l’antico corso del Po di Primaro, che perderà così la propria denominazione diventando fiume Reno).
La confluenza delle acque chiare del Reno e del Savena nel Po di Primaro, attraverso il Cavo Benedettino, venne prevista all’altezza del “Casino Colombi” (presso il Passo del Morgone), utilizzando in parte l’antico Cavo Zenzalino che nell’occasione venne adeguatamente riscavato e sistemato. Prevista anche l’immissione dell’Idice (che sino a quel momento sparigliava nelle Valli di Marmorta) nel Cavo Benedettino ad Alberino. Costo dell’opera: 50.200 scudi, con spese ripartite tra bolognesi e ferraresi, con inizio dei grandi lavori a partire dal giugno 1745 che interessarono il tratto compreso tra Traghetto-S. Pietro Capofiume/S.Maria Codifiume e Passo Segni e che saranno definitivamente ultimati il 13 ottobre 1751. Il tratto del “Cavo Benedettino” (Passo Segni-S. Agostino) sarà invece ultimato nel 1770.
Cartina del 1752. Il Morgone incuneato tra il Po di Primaro e il Cavo Nuovo delle Acque Unite, anche detto Cavo Benedettino.
La realizzazione del tratto del Cavo Benedettino scompigliò la geografia locale: Traghetto finì sulla sinistra del Cavo anzidetto (che poi divenne fiume Reno), a differenza di prima quando era collocato, da secoli, sulla destra del Po di Primaro direttamente a contatto con Molinella prima attraverso il “Canalazzo” e poi tramite la “Via che da Molinella va a Traghetto”. L’assenza di ponti e la presenza per prima volta di rilevanti arginature lungo il Cavo rendevano infatti molto difficoltose le secolari relazioni sociali e commerciali tra le due comunità.
Per la realizzazione del Cavo Benedettino furono impiegati migliaia di scariolanti e terraioli della zona che con fatiche immani, a causa delle forti pendenze nei luoghi di lavoro, si guadagnarono da vivere anche se diversi di loro si spezzarono la schiena e rimasero parzialmente e/o totalmente invalidi. Anche per questo gli scariolanti meriterebbero un monumento alla memoria da erigersi in qualche piazza o giardino pubblico.
Per dirigere i lavori e per sorvegliare le acque del Cavo Benedettino (in seguito fiume Reno) nel 1749 circa fu edificato ad Alberino (S.Pietro Capofiume) il “Casino degli Ingegneri”, anche detto “Casino della Compagnia delle Acque” e, in seguito ancora “Casino del Genio”, proprio nel punto in cui l’Idice, tolto dalle Valli di Marmorta, venne immesso, nel 1751, nel Cavo medesimo.
Il Casino degli Ingegneri di Alberino oggi, in Via Confine Inferiore 57.
1751. L’IDICE IMMESSO NEL CAVO BENEDETTINO
Nel 1751 (1752 secondo altra fonte) l’Idice venne immesso nel Cavo Benedettino (anche detto “Cavo delle Acque Unite”), nei pressi di Alberino, e successivamente vennero introdotti nel Cavo anche le acque del Savena, Fiumicello e Zena.
Scariolanti.
1751 circa- Tra Molinella, San Pietro Capofiume e Traghetto. Cavo Benedettino con l’Idice immesso nei pressi di Alberino. Punteggiato in bianco, l’Idice abbandonato.
Anche in questo caso, i possenti argini realizzati lungo il Cavo separarono per un certo tempo S. Pietro Capofiume, bolognese, da S. Maria Codifiume, ferrarese; fino a quando fu realizzato il Passo delle Canne (tra Alberino e la borgata dei Cortili) che garantì un minimo di collegamenti tra le due comunità fino a quel momento tra loro territorialmente unite. L’immissione dell’Idice nel Cavo Benedettino (in seguito fiume Reno) rappresentò, anche in questo caso, uno stravolgimento della geografia e morfologia del territorio. A quell’epoca l’Idice, all’altezza di S. Pietro Capofiume/Casoni Fumanti, annoverava una larghezza, agli argini, di 56 piedi e di 31,3 piedi al pelo dell’acqua e una profondità media di 11 piedi che però saliva velocemente fino a rompere o tracimare durante la stagione delle piogge o del rapido scioglimento delle nevi appenniniche. Dopo i lavori di questo primo tratto iniziale del Cavo Benedettino infatti si susseguirono varie piene e rotte dell’Idice o del Cavo medesimo che misero in crisi l’intrapresa grande opera di bonifica alla quale si tentò di rimediare con altri interventi e correttivi sui quali non ci addentriamo per esclusive ragioni di spazio. E ci furono polemiche a non finire che misero in crisi l’intrapresa grande opera di bonifica. Nel 1752, e a seguire, a causa dell’assenza di ponti sul Cavo Benedettino e al fine di assicurare i collegamenti in quel punto tra il bolognese e il ferrarese furono attivati appositi Passi Natanti a pagamento a Traghetto, Alberino e al Morgone gestiti da “passatori” o traghettatori che per il trasporto di pedoni, carrette, carri, merci e animali esigevano un pedaggio sulla base di un prestabilito e dettagliato tariffario. I Passi natanti di Traghetto e del Morgone esistevano già da secoli prima ma sul Po di Primaro.
1752-1772. ALTRE OPERE DI DIFESA DEL TERRITORIO
Per rimediare al disordine idraulico, in altri parti del territorio oggi molinellese, nel 1752 venne costruito il Cavo per il Fossato Vidoso, per la Vena e per il Bonello, nei pressi della dirupata Torre di Cavalli, con spese a carico dei possidenti privati dell’area interessata. Nel 1753 furono effettuati lavori di innalzamento dell’argine destro del Po di Primaro tra la “Bocca Ratta” e il “Fossone Malvezzi” a nord di Marmorta. Seguirono altri lavori di innalzamento degli argini del Primaro e dell’Idice con inevitabili polemiche tra le Legazioni di Bologna e Ferrara e tra i tecnici idraulici delle due parti. E si susseguono altre piene, rotte e tracimazioni dei corsi d’acqua e nuove ricognizioni sul posto di alti prelati accompagnati da tecnici idraulici.
Scariolanti
Tra il 1765 e il 1767 venne approvato un nuovo progetto di Antonio Lecchi per rimediare alle nuove criticità della rete idraulica che prevedeva nuovi riscavi, allungamenti, drizzagni ecc. nuove inalveazioni di alcuni corsi d’acqua, nuove arginature, nonché la realizzazione, tra il 1767 e il 1772, dello Scolo Sajarino Nuovo (Marmorta) che raccoglieva le acque del Quaderna e del Centonara e altri scoli per portarle nel Po di Primaro alla Bastia di Argenta, e l’immissione nel Primaro, nei pressi della “Beccara”(Argenta) dei canali della Botte, Lorgana e altri corsi d’acqua minori, nonché la progettata, famosa e costosa Botte sotto l’Idice nei pressi di S. Pietro Capofiume. Gran parte di queste opere saranno realizzate entro il 1772, altre saranno ultimate nel 1795. Per tenerla corta, il Reno sarà introdotto nel Cavo Benedettino soltanto il 6 agosto 1771. E a partire da questa data il Cavo Benedettino unito al Primaro, diventerà così il nuovo corso del fiume Reno sino al Mare Adriatico. Non entriamo nel merito di altre opere idrauliche importanti quali ad esempio, la deviazione e il raddrizzamento del Quaderna (1771) verso la Bastia di Argenta, la costruzione del Canale della Beccara (tra Marmorta e Argenta), la costruzione dell’Argine Circondario (1772) a nord di Marmorta, la costruzione del nuovo Canale Zena (1771), l’introduzione del Centonara e del Gaiana nel Quaderna, il prolungamento della Lorgana sino ad incontrare la Zena al Casino Isolani (tra S. Pietro Capofiume e S. Gabriele), il riscavo della Zena Grande e della Nuova Zena per portarla nel Cavo Benedettino alla confluenza dell’Idice(1771-72), la realizzazione dello Scolo di Marmorta che confluiva nel nuovo scolo Sajarino, dello scolo Gavasine e altro ancora.
1774- Il piccolo Comune di Molinella
Per la prima volta nella sua storia, il territorio oggi molinellese fu interessato da una vera e propria rivoluzione della propria rete idrica e del paesaggio che pur tra luci e ombre contribuì a rimediare ad alcune secolari situazioni critiche. Altri interventi rivoluzionari si ebbero nel 1816 con la deviazione dell’Idice nelle Valli di Durazzo, Boscosa e Barabana e con la costruzione del Cassa di Colmata di Idice e Quaderna. Infine, altra grandiosa rivoluzione fu quella intrapresa dalla Bonifica Renana nella prima parte del ‘900 che contribuì finalmente a mettere in sicurezza (o quasi) Molinella e frazioni dai rischi alluvionali. Ma di questi ultimi grandi lavori di bonifica riferiremo in prossime schede.